Gli allevamenti intensivi di gamberetti minacciano l’ecosistema dell’Honduras

Tutta colpa dei gamberetti. È per far spazio alle coltivazioni industriali degli appetitosi crostacei che l’Honduras, di fatto sta affondando e le piccole comunità di pescatori che vivono sulle coste sono costantemente minacciati dall’innalzamento delle acque. “Ogni anno l’Oceano si avvicina e si alza – dice al The Guardian Pineda, che gestisce un modesto ristorante sulla spiaggia honduregna – Penso che abbiamo un anno, forse due, prima che anche l’acqua ci porti via”.

Ormai il mare arriva a pochi metri dalle attività industriali sorte a ridosso per aiutare la fioritura di un mercato turistico con potenzialità enormi e alcune di queste sono già state spazzate via dalla furia delle onde, in quello che, secondo il rapporto Global Risk Index, è in cima alla classifica dei paesi più colpiti da eventi meteorologici estremi come inondazioni, tempeste, siccità e incendi.

Ma dove la natura si ferma è l’uomo a forzare la mano per i propri interessi economici; è proprio qui che entrano in gioco i gamberetti. L’Honduras è stata letteralmente invasa da enormi piantagioni per le coltivazioni industriali dei piccoli crostacei destinati a finire nei banchi frigo di catene di supermercati, soprattutto statunitensi e britannici come Waitrose, Sainsbury’s e Marks & Spencer.

Il problema sorge nel momento in cui per far spazio alle coltivazioni l’isola è sempre più deforestata, soprattutto per quanto riguarda le mangrovie che, come dichiarato al quotidiano inglese dal biologo Victor Bocanegra, “proteggono le coste da tempeste e inondazioni e aiutano a prevenire l’erosione stabilizzando i sedimenti con le loro radici intrecciate”. Aggiunge: “Sono fattori chiave nella biodiversità marina, che forniscono cibo, acqua pulita, riparo e sicurezza per pesci e invertebrati come granchi, aragoste, gamberi. Per sfruttare questa simbiosi naturale, acri e acri di allevamenti di gamberi sono stati costruiti nell’entroterra nelle insenature oceaniche che un tempo erano rifugi sicuri per le maree. Ma le fattorie bloccano il flusso naturale di acqua, causando invece l’alta marea e le mareggiate che immergono le comunità sulla spiaggia”.

“Fondamentalmente siamo fottuti”, commenta Manuel Tees, un pescatore locale di 70 anni che vive e lavora sulla spiaggia insieme alla moglie in una casa di fortuna che devono periodicamente spostare di qualche metro a causa dell’incedere delle acque. “Abbiamo paura – aggiunge Manuel – Ma non abbiamo nessun altro posto dove andare e non c’è protezione da parte del governo, nemmeno una barriera”.

L’industria dei gamberetti nel sud dell’Honduras risale agli anni ’70, ma è cresciuta in modo esponenziale negli anni ’90; di conseguenza, nel 2000, sette foreste di mangrovie che coprivano oltre 150mila acri furono designate riserve protette. Ad oggi, sempre secondo quanto scrive The Guardian, pare che le coltivazioni abbiano nettamente superato i confini e metà delle mangrovie della regione siano state distrutte nei primi dieci anni del nuovo millennio.

Secondo i locali le aziende di gamberetti costruiscono fattorie in segreto, nascoste alla vista proprio da un anello di mangrovie, ottenendo i permessi in maniera piuttosto sospetta. I dati sulle vendite suggeriscono che le aziende agricole di gamberetti si stanno espandendo: lo scorso anno sono stati esportati 216 milioni di dollari di gamberetti, una cifra che si prevede aumenterà fino al 20% nel 2019. FundeSur, una fondazione di responsabilità sociale creata dall’industria dei gamberetti nel 2014, sostiene di investire 0,02 centesimi per ogni chilo di gamberetti esportato in progetti sanitari, educativi e ambientali.

Ma non si nota un impegno tangibile per quanto riguarda i programmi di riforestazione, che tra l’altro richiedono anni di nutrimento per garantire arbusti resistenti. FundeSur non ha risposto alle ripetute richieste di commento da parte del Guardian. Ma, oltre il danno, la beffa, perché la presenza di questi colossi dell’industria dei gamberetti sull’isola, secondo Dina Morel, direttrice di un’organizzazione locale di conservazione marina chiamata Coddeffagolf, “in realtà crea pochissimi posti di lavoro e aumenta la povertà limitando l’accesso alla pesca per i locali”.