Perché la riforma dei musei di Bonisoli non piace a Financial Times 

Non solo perplessità tra gli addetti ai lavori. Anche la stampa estera, Financial Times in testa, ha espresso critiche al cosiddetto “decreto di Ferragosto” del Mibac, entrato in vigore in questi giorni e che porterà all’abolizione dei consigli di amministrazione dei musei autonomi. Alberta Campitelli, storica dell’arte nonché membro del Consiglio superiore per i Beni culturali e del cda del museo di Villa Borghese, fa parte del gruppo degli scontenti: “L’impressione è che il ministro voglia togliere l’autonomia ai musei, anche se lui assicura che le cose non stanno così. Resta il fatto che Alberto Bonisoli ha scavalcato il Consiglio, che ha un compito consultivo, e non ci ha coinvolti nell’elaborazione del decreto legislativo e nemmeno dei decreti attuativi. Perciò abbiamo chiesto al nostro presidente, Marco D’Alberti, di convocare una riunione del Consiglio il 9 settembre. Vogliamo che sia presente il ministro, al quale chiederemo che ci spieghi la ratio della riforma”.

La professoressa Campitelli si dichiara perplessa di fronte ad alcuni provvedimenti di accorpamento. Un esempio? “Personalmente non capisco perché l’Accademia di Firenze debba essere accorpata con gli Uffizi: non è più un museo autonomo, e infatti il direttore Eike Schmidt ha già dato disposizioni su come dovrà essere organizzata. Non capisco nemmeno l’eliminazione di ogni autonomia del parco archeologico dell’Appia antica, che ritorna sotto la soprintendenza di Roma. A giugno era stato nominato il nuovo direttore, Simone Quilici, che non ha fatto nemmeno in tempo a prendere servizio, perché contestualmente alla sua nomina è stata abolita la direzione che avrebbe dovuto occupare. C’è poi la nuova organizzazione del museo etrusco di Villa Giulia. Si dice che diventerà un museo autonomo che assorbirà tutti i musei etruschi del Lazio e della Toscana, un progetto che potrebbe essere interessante ma dobbiamo saperne di più”.

Il piano estivo di Bonisoli non è piaciuto affatto al Financial Times che ieri ha fatto parlare proprio il direttore delle gallerie degli Uffizi di Firenze, per denunciare la “politica disfunzionale dell’Italia, che ha raggiunto il punto di rottura all’inizio di questa settimana con le dimissioni del premier Giuseppe Conte” e l’attività di quei “leader populisti che sembrano determinati a politicizzare lo straordinario archivio artistico del Paese”.

Se prima “i direttori dei musei italiani erano storicamente impiegati statali attinti dalla pubblica amministrazione”, sottolinea il principale giornale economico-finanziario del Regno Unito, dal 2015 era decollata, con la nomina dei primi stranieri, ben sette, “una radicale riforma che mirava a scuotere il sistema polveroso e sclerotico del museo italiano”.

I direttori avevano la libertà sui bilanci e il permesso di rinnovare le gallerie, organizzare prestiti internazionali e cercare finanziamenti privati, poteri che in precedenza erano rimasti almeno in parte nello stato italiano. Con la riforma di Ferragosto (“un giorno festivo, quando la maggior parte delle persone era in vacanza o deviata dalla crisi politica”) il ministero – evidenzia FT – può riprendere “il controllo dei principali musei italiani, dando al veto statale un potere sulla spesa museale, mostre e prestiti internazionali e demolendo i consigli di amministrazione indipendenti istituiti per fornire assistenza ai musei”. “La riforma – scrivono gli inglesi – fa da sfondo alla crescente retorica anti-straniera e agli attacchi ai media da parte del governo italiano”.

Per Schmidt, “il piano del governo è indicativo di un fallimento non limitato alla sfera culturale italiana: il “problema dell’incertezza” derivante dalla sua instabilità politica cronica, che ostacola anche i piani meglio realizzati”.